Il Santuario del Crocifisso di Rutigliano è un luogo di preghiera e di silenzio, dove tanti uomini e donne affidano al Signore le proprie fatiche, le malattie, le attese, le speranze.
 Davanti a quel volto di Cristo sofferente e misericordioso, la gente del paese viene da sempre per parlare con Dio con parole semplici, portando il peso della vita e la fiducia che tutto possa rinascere.
La croce, però, non è solo segno di dolore.
 È passaggio e promessa, luogo in cui la sconfitta diventa vita nuova, dove la sofferenza si trasforma in libertà.
 Sotto la croce, i poveri trovano forza, i malati consolazione, chi ha sbagliato un nuovo inizio.
 È il cuore pasquale del Vangelo: il punto più basso che diventa slancio verso la luce.
Nel Santuario del Crocifisso, la fede del popolo di Rutigliano prende corpo nei segni, nelle lacrime e nei sorrisi di chi si affida, di chi ringrazia.
 È un luogo che non chiede di capire, ma di credere che l’amore di Dio può far fiorire anche il legno della croce.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 25-30)
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". 27Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.
28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete". 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
dall'esortazione apostolica del Santo Padre LEONE XIV, Dilexi te, n. 61
La spiritualità originale di questi Ordini era profondamente radicata nella contemplazione della Croce. Cristo è per eccellenza il Redentore dei prigionieri e la Chiesa, suo Corpo, prolunga questo mistero nel tempo. I religiosi non vedevano il riscatto come un’azione politica o economica, ma come un atto quasi liturgico, l’offerta sacramentale di sé stessi. Molti davano i loro propri corpi per sostituire i prigionieri, adempiendo letteralmente al comandamento: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» ( Gv 15,13). La tradizione di questi Ordini non si è conclusa. Al contrario, ha ispirato nuove forme di azione di fronte alle schiavitù moderne: il traffico di esseri umani, il lavoro forzato, lo sfruttamento sessuale, le diverse forme di dipendenza. La carità cristiana, quando si incarna, diventa liberatrice. E la missione della Chiesa, quando è fedele al suo Signore, è sempre quella di annunciare la liberazione. Ancora oggi, quando «milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù», tale eredità viene portata avanti da questi Ordini e da altre istituzioni e congregazioni che lavorano nelle periferie urbane, nelle zone di conflitto e nei corridoi migratori. Quando la Chiesa si inchina per spezzare le nuove catene che legano i poveri, diventa un segno pasquale.
Sulla croce, Gesù non è un re sconfitto, ma l’uomo pienamente libero, che ama fino alla fine.
 La croce diventa così il luogo della consegna, non della resa: lì nascono una madre, un discepolo, una comunità.
 Al Santuario del Crocifisso, anche oggi, chi si ferma in preghiera rinnova quella consegna: porta la propria croce e la affida a Dio, perché diventi cammino di liberazione e speranza.
Quale “croce” della tua vita oggi senti di dover affidare, perché diventi pasqua e non prigione?
Un’ora di adorazione della Croce.
Silenzio e ascolto – Seduti davanti alla croce, contempliamo il volto di Cristo sofferente.
 Rileggiamo il Vangelo della Passione o alcune parole di affidamento dei poveri e dei sofferenti.
Preghiera personale – Ognuno può avvicinarsi alla croce, toccarla, inginocchiarsi o scrivere su un foglietto una preghiera da deporre ai piedi: una prova, un nome, una speranza.
Canto e benedizione – L’adorazione si conclude con un canto semplice e una preghiera comunitaria di speranza: “Dal legno della croce è fiorita la vita.”
Un gesto di luce - una candela accesa, un segno di pace, una mano aperta - può chiudere l’ora, come simbolo della Pasqua che rinasce nel cuore.
Davanti alla Croce non si resta fermi nel dolore, ma si riparte liberi, portando con sé la luce della speranza.
Alla luce di quanto letto, vissuto, riflettuto, condiviso… inserite qui le parole che sintetizzano l’esperienza.
Durante il Giubileo della Speranza lancia una esperienza per tutti i giovani e le loro comunità di riferimento: Tracce di Speranza.
E' la prima Diocesi a investire nel progetto nato da Agesci Branca R/S e propone l'esperienza lanciandola durante la Giornata mondiale dei poveri del 16 novembre 2025.